lunedì 17 agosto 2009

Trasferta

Per staccare un attimo dalla situazione, abbiamo passato cinque giorni in Sardegna. A Iglesias, per precisare, non nella villa di Berlusconi che pure, nella sua immensa generosità, l’aveva offerta come alloggio per i terremotati.
Siamo andati per portare il nostro spettacolo, quindi diciamo che non è stata una vacanza vera e propria, ma una semi-vacanza.
Per staccare, appunto. Cosa che, però, non riesce mai. Un po’ perché, nonostante tutto, il pensiero va sempre alla nostra città ed alle difficoltà che stiamo vivendo, un po’ perché si andava in giro con un discretissimo pulmino bianco e rosso (i colori del gruppo), con un’aquila stampigliata sopra, il nome del gruppo e l’indirizzo.
La cosa faceva vagamente intuire la nostra provenienza e favoriva le domande canoniche. Anche sull’isola.

L’Aquilanità la porti ovunque.
Soprattutto in Sardegna dove la caratteristica linguistica è talmente accentuata che si scopre appena apri bocca che non sei del luogo. Da lì l’inevitabile: “Da dove vieni?” accompagnato da un sorriso che si spegne non appena arriva la risposta. “L’Aquila”.

La stranezza è, poi, che ormai L’Aquila, nell’immaginario collettivo, non ha quasi più una connotazione geografica. Non viene collocata in Abruzzo, ai piedi del Gran Sasso, ad un centinaio di chilometri da Roma.
No.
L’Aquila è diventata il luogo di un evento. Infatti, nove volte su dieci, l’affermazione successiva è: “Ah, dove c’è stato il terremoto…”
Sì, lì.
Proprio sotto il nostro culo.
Altra domanda surreale è: “Come stanno le vostre case?”, che lì per lì ti spiazza perché in genere ci si informa della salute di parenti ed amici, non di quella degli edifici.
La mia risposta: “La casa, E”, viene puntualmente scambiata per un sospiro, perché, di solito, si prosegue con: “Non ti preoccupare, dai, che piano piano si risolve tutto”.

A quel punto ci si rende conto che, dal 6 aprile, gli Aquilani parlano un linguaggio cifrato che non può, per ovvie ragioni, essere compreso dal resto dell’Italia. Ed è inutile precisare che quello non era un sospiro, ma la quinta lettera dell’alfabeto che, insieme alle prime 4 e alla sesta, serve ad indicare quali e quanti danni ha subito la tua casa.

Comunque ci siamo divertiti, perché la Sardegna è un posto bellissimo, con gente meravigliosa.
Con le dovute eccezioni, chiaramente, come ad esempio il gestore dell’albergo a 4 stelle (sottolineo quattro) dove ci hanno ospitato, che ha fatto di tutto per farci sentire a nostro agio, nel nostro ambiente.
Infatti ha, nell’ordine, svuotato tutti i mini-bar, tolto i telecomandi dei condizionatori delle stanze, spento l’ascensore.
Giuro.

Forse pensava che tutte queste comodità, dopo tanti mesi di disagi, ci avrebbero sopraffatto. Che caro..
Meravigliose sono state le sue giustificazioni:
Posto il fatto che dei mini-bar non è fregato niente a nessuno, alla legittima richiesta, il secondo giorno che eravamo lì, visto che faceva un caldo da stramazzare al suolo, del telecomando del condizionatore, ci siamo sentiti rispondere: “Si è rotto…”
In tutte le stanze???
“Sì…”
Ma che sfortunatissima coincidenza… Mi raccomando non si affretti a farli aggiustare…
Senta già che ci siamo… Come mai l’ascensore è spento?
“Siete in tanti.. Poi faceva troppe volte sopra e sotto..”
Chi cazzo sei? Un animista? Hai paura che si stanchi??

Non avevamo parole. Solo parolacce. Che gli abbiamo indirizzato a denti stretti al momento di andare via.

Nessun commento:

Posta un commento