domenica 30 agosto 2009

Vorrei raccontare

Vorrei raccontare di come Celestino V istituì la Bolla del Perdono nel 1294 e di come, per l’epoca, fu un’enorme rivoluzione, perché faceva cadere la consolidata abitudine di pagare il clero per ottenere il perdono dai propri peccati, perché l’indulgenza si poteva ottenere semplicemente attraversando la Porta Santa della Basilica di Collemaggio a L’Aquila il 28 e il 29 agosto di ogni anno.

Vorrei raccontare che questi giorni sono importantissimi per la mia città, perché diventa la capitale del perdono, dal momento che possiede l’unica Porta Santa al di fuori di Roma.

Vorrei raccontare di come, anche quest’anno, nonostante il devastante sisma che l’ha colpita, la mia città si è preparata all’evento, magari con più mestizia, in ricordo di chi, il 6 aprile non ha visto giorno e non potrà più attraversare la Porta Santa.

Vorrei raccontare le emozioni dei partecipanti al Corteo, tra i quali c’ero anche io, nell’attraversare un centro storico che soltanto l’anno scorso era pieno di vita e di gente che applaudiva, mentre quest’anno non risuonava altro che dei nostri passi, perché è ancora puntellato e ferito e mette quasi paura.

Vorrei raccontare di come i Vigili del Fuoco, i nostri angeli da sei mesi, hanno, con palpabile commozione, scortato la salma di Celestino, da loro recuperata all’interno della Basilica, dove riposava.

Vorrei raccontare di come si è sentita forte e avvolgente la presenza degli Aquilani che si sono mossi sia dalle tendopoli che dalla costa per salutare il loro Santo e la loro Basilica e di come, proprio per questo, si è sentita in maniera altrettanto forte, l’assenza di chi ci ha lasciato quella notte.

Vorrei raccontare quanto è forte, dignitosa, piena di risorse la mia gente, che non è scappata via, che, dal forzato esilio, torna ogni giorno in città a lavorare, che sta facendo ripartire le attività economiche e commerciali per cercare di far tornare tutti alla normalità.

Vorrei raccontare tutto questo.

Invece mi ritrovo a dire che ci sono anche Aquilani approfittatori. Persone che, nel sisma, non hanno perso niente ed invece di andare incontro a concittadini che non hanno più nulla, vogliono guadagnarci su, con gli affitti, per esempio.

Perché io sono un coniglio sulla costa, che sta cercando di tornare lupo e che, ora, con la propria abitazione classificata E in zona rossa (tradotto per i non aquilani, casa completamente inagibile nella zona in cui non è permesso entrare, poiché pericolosa), non ha, in città, un solo misero appoggio per posare le stanche membra e sta cercando un appartamento dove andare ad abitare.

Ecco, questo coniglio ha visitato catapecchie fatiscenti da 900 euro al mese, ma soprattutto si è sentito proporre un affitto di 1400 euro al mese da una famiglia che ha casa classificata A (cioè che non ha subito danni ed è abitabile da subito) dove sta, per l’appunto, abitando, per un appartamento, il secondo di loro proprietà, sempre A, stupendo, per carità.

Il punto non sono i 1400 euro al mese (che sono comunque tanti per tutti, ma a maggior ragione per persone che avevano una casa di proprietà), quanto il fatto che il 5 aprile lo stesso appartamento era affittato a 800 euro.

Infatti.
Il punto è proprio questo.
800 euro il 5 aprile
1400 euro ora.

Alcuni Aquilani, provvisti non solo di prima casa agibile, ma anche di ulteriori da affittare, hanno la faccia di chiedere ad altri Aquilani, che hanno peso molto, quasi il doppio rispetto al periodo precedente al sisma.
Non è una cosa bella.

Ed io mi auguro, con tutto il cuore, che i soldi in più che gli rientrano, dovuti alle disgrazie ed alle perdite altrui, vengano tutti utilizzati per medicine.

Tutti.

lunedì 24 agosto 2009

Complimenti

Ti sei sciupata…”
Questo è il complimento più bello che mi hanno rivolto da un po’ di tempo a questa parte.
Attenzione, non “Ti sei dimagrita”, che implica un atto volitivo di miglioramento della propria persona e che sottintende, nella maggior parte dei casi, che ora stai meglio di prima.
No.
“Ti sei sciupata..”
Cioè, praticamente, stai perdendo peso, ma non in maniera sana e bella, quanto, piuttosto perché la vita di merda che fai in questo periodo ti porta ad un involontario cambiamento corporale che non è detto sia migliore del precedente.
Oltretutto, la faccia che accompagna queste parole è piuttosto eloquente…

Ah, che bello incontrare gente che non vedo da tempo….

Per lo meno

Per lo meno, alla riunione di condominio dell’altro giorno abbiamo concluso qualcosa.
Nominati:
· un amministratore esterno che riesca a far fronte ad una situazione a dir poco spinosa
· una squadra di tecnici che dovranno verificare i danni all’edificio e valutare la consistenza del terreno
Siamo riusciti a zittire l’acidula e fastidiosa vocina del rompipalle di professione, al grido di:
“AVVOCATO, è tutto GRATIS!”

Per lo meno, sono riuscita a tornare in tempo per vedere la puntata di “Buona la prima”, l’unica cosa in grado di consolarmi in queste giornate color marrone.

Per lo meno, le mie serate non saranno più funestate dallo stonatissimo cantante di piano bar che il direttore dell’albergo si ostinava a chiamare, pagandolo, tra l’altro, quando era chiaro al mondo che avrebbe svolto molto, molto meglio un qualunque altro lavoro che non implicasse l’uso della voce accompagnata da suoni.
Questo, non perché è stato chiamato un altro cantante, ma perché siamo stati spostati noi di albergo. Di nuovo.
E quindi abbiamo passato un F-A-.V-O-L-O-S-O week-end a riempire valige di nostre povere cose, caricare con le suddette valige la macchina, fare 100 metri, prendere possesso di un’altra stanza, scaricare le valige, svuotarle e sistemare le nostre povere cose in un contesto diverso.

Per lo meno, dove siamo ora, c’è un po’ più di spazio in cui mia mamma riesce a muoversi con maggiore libertà, visto che non esce, causa gravi problemi di deambulazione che la affliggono.

Per lo meno qui c’è un cane, un meraviglioso setter irlandese dal pelo fulvo, a cui i padroni, proprietari del residence, non possono stare dietro più di tanto e che, quindi, si annoia almeno quanto me, motivo per il quale abbiamo deciso di unire le nostre solitudini in mezz’orette di coccole e carezze.

Per lo meno c’è un terrazzo con una sdraio, dove la sera mi posso sedere, guardare il mare al tramonto e fare finta che tutto va bene.

giovedì 20 agosto 2009

Giornata no

Oggi è giornata no.
Cupa, tetra, scura nera.
Infilo uno dietro l’altro pensieri assurdi e per fortuna che nessuno è capace di leggere nella mente, altrimenti sarebbe davvero drammatico.
Ancora in “ufficio” dove la situazione è a limite del surreale, perché ci lavorano sulla testa producendo dei rumori e dei movimenti tali che ogni volta aprono un piccolo soffietto nel cuore, continuiamo a non ricevere i dati da inserire e di conseguenza, alternativamente, a litigarci il sudoku dell’usciere, andare a prendere un fetoso caffè alla macchinetta erogatrice di “bevande al gusto di” latte, cioccolato, tè, cappuccino, e, in conseguenza di ciò, per l’arci-noto binomio caffè-sigaretta, ad uscire fuori a fumare (per inciso, una delle categorie che ha beneficiato economicamente del periodo post- sisma è quella dei tabaccai).

Non ho nulla da fare e l’inattività, brutta bestia, mi da modo di formulare pensieri di una tetraggine infinita.
Che grande stronzata questo terremoto! Che vita è questa?
Ci sono caduti addosso problemi di cui si ignorava l’esistenza. Cerchiamo case in affitto nella nostra stessa città. Dobbiamo trovare posti in cui conservare i nostri mobili, posto il fatto che i danni all’edificio in cui abitavamo ci consentano il trasloco….. I nostri luoghi non ci sono più, o sono da un’altra parte e quindi la nostra città, ora, è un’altra e noi ne sembriamo turisti alla scoperta.

E poi le vittime.
Che aumentano esponenzialmente, ma questo nessuno lo dice.
Vecchietti sopravvissuti a quella notte che si lasciano morire perché hanno perso tutto, ne hanno viste troppe e non ce la fanno più a reagire.
Feriti, trasportati in ospedali vicini e lontani di cui non si hanno più notizie e quindi, chissà…

Ed io.
Che oggi mi chiedo perché sono qui.
Dicono che c’è un disegno preciso e che le cose non accadono per caso. Dicono.
Ma non so se sia poi davvero così.
O forse capirò tutto, davvero, soltanto quando verrà il mio momento ed ogni tessera di questo folle puzzle avrà preso il suo posto.

Non oggi.
Oggi penso che la morte ha colpito a caso e con cattiveria, prendendo con sé bambini che sarebbero potuti diventare splendidi adulti, distrutto famiglie intere lasciandone in vita un solo membro a portare sulle spalle tutto il dolore della perdita, una regista teatrale dalle idee fenomenali, medici dalle mani d’oro, studenti universitari che sarebbero diventati professionisti in grado di portare lustro alla nostra città, madri, padri, figli e figlie.

Ed ha lasciato qui me.
Che non so che fare di questa vita.
Che vorrei essere altro da un’altra parte.
Che non sono utile in questa emergenza.
Che non sono.

Ecco, oggi penso che questa vita del cazzo, magari, Dio poteva prenderla e lasciare la sua a qualcuno che ne avrebbe fatto un uso migliore del mio.

mercoledì 19 agosto 2009

Stesso giorno, più tardi

Per mantenere fede al mio proposito di lenta agonia autolesionista, dopo essere uscita dall’”ufficio”, ho percorso circa 1 km e mezzo a piedi sotto il sole nell’ora più calda (13.35) per raggiungere il Mc Donald e due amiche con le quali ho pranzato, abbattendo il fegato a colpi di Mc menù con contorno di patatine medie ed innaffiando il tutto con Coca-cola, per poi concludere con caffè e sigaretta.

Ahhhhhhhh!

Sull’autobus del ritorno.
Premesso che l’Arpa ha messo a disposizione degli sfollati che, avendo perso la casa, sono sulla costa e devono andare a lavorare a L’Aquila, degli abbonamenti gratuiti onde evitare di aumentare le spese a persone in evidente difficoltà, sono oggi incappata nel controllore pescarese spiritosone.

La ragazza davanti a me gli porge il biglietto.
Lui: “Ah, quindi lei paga! Lo sa che è un animale raro di questi tempi?”
(ahahahahahahahahahahahahahahahah, ma che simpatico)

Io gli porgo l’abbonamento gratuito (sia ben inteso, rilasciato solo per motivi di lavoro, dichiarando il datore ed un solo percorso di cui poter usufruire).
Lui: “Lei, invece, a scrocco come la quasi totalità dei passeggeri!”
(ahahahahaahahahahahahahahahaahah, ma perché non fa un provino per Zelig? Secondo me la prendono, sa?)

In conclusione, io voglio spegnermi in una lenta agonia, ma lei, signor controllore, desidera una morte violenta ed istantanea per mano di uno sfollato!

Angoscia

Prendo l’autobus delle sette e un quarto per venire da Pescara a L’Aquila. A quell’ora sono già al mio terzo caffè con conseguente terza sigaretta.
Quando arrivo in “ufficio”,alle nove e venti, il numero dei caffè è aumentato di una unità. Quello delle sigarette di due.
Sono candidata alla gastrite, all’ictus, all’invecchiamento precoce della pelle, al cancro.
O a tutte queste cose insieme.

Ma non è questo il motivo della mia angoscia. Figuriamoci.

Motivi della mia angoscia sono:
- il fatto che, quando entro in “ufficio” vengo a scoprire che, con un colpo di genio dell’ultimo momento, i colleghi hanno preso le ferie lasciandomi in mezzo al nulla, dal momento che coloro i quali dovevano mandarci i dati da inserire e che stiamo pregando, implorando senza dignità, da più o meno due mesi di inviarli, ovviamente non l’hanno fatto, pertanto il lavoro è bloccato ed io non ho niente da fare se non cercare di estorcere il giornalino del sudoku all’usciere
-la consapevolezza che questa mattina poteva essere impiegata in maniera più produttiva, ad esempio dormendo, viste le scure occhiaie, segno di poco riposo, che mi ritrovo sempre più profonde ogni giorno e che tento invano di mascherare con occhiali da sole e trucco da viados
-i mancati incontri con gli amici che hanno, per forza di cose, orari non conciliabili con i tuoi e la solitudine che da ciò deriva
-la mia casa che, di scossa in scossa, scivola verso il basso e non si può più passare dalle scale, quindi per togliere i mobili saranno cazzi molto, molto amari
-la precarietà di ogni sistemazione da qui a più o meno tre anni (a voler essere ottimisti) durante i quali non potrò dire di praticamente nulla: “Questo mi appartiene”
- le lacrime che a volte non riesco a trattenere, e Dio solo sa se lo vorrei, perché stringo le mani sperando di afferrare qualcosa ed invece restano desolatamente vuote
-la delusione nei confronti di una persona che, come tutti, del resto, quindi, fondamentalmente, di che mi sorprendo?, i primi tempi era tutta trepidazione e preoccupazione, mentre ora che gli ho chiesto un aiuto concreto, si è chiusa in un mutismo senza spiegazione.

Per dire.

martedì 18 agosto 2009

Attesa

Accendo una sigaretta.
La fumo.
Getto via il filtro.
Ne accendo un’altra.
La fumo.
Getto via il filtro.
Guardo questo cielo azzurro e queste gru d’acciaio che tengono in piedi quello che resta della mia città.
Guardo la mia gente avvilita, sconsolata, stanca, ma con ancora la voglia di lavorare, di ritrovare gli amici, di prendere un caffè per fare due chiacchiere.
Accendo una sigaretta.
La fumo.
Getto il filtro.
In questo modo inganno l’attesa, aspetto.
Aspetto qualcosa che già so che non arriverà.
E’ triste tutto questo. Ma io non ho neanche più la forza di sognare.
E la fantasia non viene più in mio soccorso.

lunedì 17 agosto 2009

Trasferta

Per staccare un attimo dalla situazione, abbiamo passato cinque giorni in Sardegna. A Iglesias, per precisare, non nella villa di Berlusconi che pure, nella sua immensa generosità, l’aveva offerta come alloggio per i terremotati.
Siamo andati per portare il nostro spettacolo, quindi diciamo che non è stata una vacanza vera e propria, ma una semi-vacanza.
Per staccare, appunto. Cosa che, però, non riesce mai. Un po’ perché, nonostante tutto, il pensiero va sempre alla nostra città ed alle difficoltà che stiamo vivendo, un po’ perché si andava in giro con un discretissimo pulmino bianco e rosso (i colori del gruppo), con un’aquila stampigliata sopra, il nome del gruppo e l’indirizzo.
La cosa faceva vagamente intuire la nostra provenienza e favoriva le domande canoniche. Anche sull’isola.

L’Aquilanità la porti ovunque.
Soprattutto in Sardegna dove la caratteristica linguistica è talmente accentuata che si scopre appena apri bocca che non sei del luogo. Da lì l’inevitabile: “Da dove vieni?” accompagnato da un sorriso che si spegne non appena arriva la risposta. “L’Aquila”.

La stranezza è, poi, che ormai L’Aquila, nell’immaginario collettivo, non ha quasi più una connotazione geografica. Non viene collocata in Abruzzo, ai piedi del Gran Sasso, ad un centinaio di chilometri da Roma.
No.
L’Aquila è diventata il luogo di un evento. Infatti, nove volte su dieci, l’affermazione successiva è: “Ah, dove c’è stato il terremoto…”
Sì, lì.
Proprio sotto il nostro culo.
Altra domanda surreale è: “Come stanno le vostre case?”, che lì per lì ti spiazza perché in genere ci si informa della salute di parenti ed amici, non di quella degli edifici.
La mia risposta: “La casa, E”, viene puntualmente scambiata per un sospiro, perché, di solito, si prosegue con: “Non ti preoccupare, dai, che piano piano si risolve tutto”.

A quel punto ci si rende conto che, dal 6 aprile, gli Aquilani parlano un linguaggio cifrato che non può, per ovvie ragioni, essere compreso dal resto dell’Italia. Ed è inutile precisare che quello non era un sospiro, ma la quinta lettera dell’alfabeto che, insieme alle prime 4 e alla sesta, serve ad indicare quali e quanti danni ha subito la tua casa.

Comunque ci siamo divertiti, perché la Sardegna è un posto bellissimo, con gente meravigliosa.
Con le dovute eccezioni, chiaramente, come ad esempio il gestore dell’albergo a 4 stelle (sottolineo quattro) dove ci hanno ospitato, che ha fatto di tutto per farci sentire a nostro agio, nel nostro ambiente.
Infatti ha, nell’ordine, svuotato tutti i mini-bar, tolto i telecomandi dei condizionatori delle stanze, spento l’ascensore.
Giuro.

Forse pensava che tutte queste comodità, dopo tanti mesi di disagi, ci avrebbero sopraffatto. Che caro..
Meravigliose sono state le sue giustificazioni:
Posto il fatto che dei mini-bar non è fregato niente a nessuno, alla legittima richiesta, il secondo giorno che eravamo lì, visto che faceva un caldo da stramazzare al suolo, del telecomando del condizionatore, ci siamo sentiti rispondere: “Si è rotto…”
In tutte le stanze???
“Sì…”
Ma che sfortunatissima coincidenza… Mi raccomando non si affretti a farli aggiustare…
Senta già che ci siamo… Come mai l’ascensore è spento?
“Siete in tanti.. Poi faceva troppe volte sopra e sotto..”
Chi cazzo sei? Un animista? Hai paura che si stanchi??

Non avevamo parole. Solo parolacce. Che gli abbiamo indirizzato a denti stretti al momento di andare via.

domenica 9 agosto 2009

Lento suicidio

Ho deciso di uccidermi.
Ma non così, tutt’insieme, con un colpo di pistola, per esempio, o infilando il mio collo in un cappio di corda penzolante da un lampadario, o ingerendo una massiccia dose di pilloline per dormire.
No. Ho deciso di uccidermi con una lunga, lenta, santificante agonia.

L’ho deciso, tra l’altro, in maniera assolutamente inconscia.
Mi sto uccidendo da mesi, da quattro per la precisione, senza averne la percezione.
Oggi ho avuto l’illuminazione.

Perché solo il desiderio di riposo eterno, dopo giorni da incubo, di sveglia alle sei, tragitto di 20 Km in macchina su strade frequentate, a quell’ora, soltanto da operatori ecologici e fanatici esaltati del footing (ai quali segherei volentieri le gambe, perché, potendo dormire, si ALZANO PER CORRERE), viaggio di un’ora e cinquanta (ripeto per maggior chiarezza: UN’ORA E CINQUANTA) in un autobus affollato tanto che, la maggior parte delle volte, ci si ritrova con un gomito altrui tra le proprie costole, camminate a piedi per raggiungere il proprio “posto di lavoro” (il virgolettato non è immotivato), lavoro che, inutile precisazione, è part-time a tempo determinato, per poi, dopo CINQUE-ORE-CINQUE, compiere a ritroso le stesse azioni, può portarmi a decidere, sciente e cosciente, nell’unico giorno in cui posso scendere in spiaggia, invece di spatasciarmi al sole senza muovere un muscolo, di fare un’ora di acqua gym con il sole a picco sulla testa.
Sì, dev’essere questo. Non trovo altra spiegazione.

Commenti inopportuni..

L’altra mattina l’autobus è arrivato puntuale.
La piccola folla di pendolari sfollati aquilani, al terminal di Pescara, era in lacrime per la commozione. Perché, purtroppo, per motivi a noi sconosciuti, spesso tarda più o meno un quarto d’ora. Niente di grave, per carità, se non fosse che siamo gente appesa alle coincidenze, non quelle del Caso o del Destino, ma a quelle dei mezzi di trasporto, indi 15 minuti sono davvero tanti.
C’è anche da dire che, fino a poco fa, nella nostra città gli autobus passavano in continuazione, causa sisma, e portavano praticamente ovunque. Ora no. Ai gestori dell’AMA (il nome così romantico è soltanto l’acronimo che designa l’azienda che gestisce i trasporti urbani) sembra che l’emergenza sia terminata.
Forse sono male informati. Forse non si sono accorti che non è proprio così.
Va bene che siamo conigli sulla costa, però la maggior parte di questi conigli ha la necessità di venire a lavorare a L’Aquila quotidianamente.
Non conosco la storia di tutti i roditori che hanno deciso di stare in albergo invece che in tenda, ma so bene qual è la mia. Con entrambi i genitori invalidi (perché quando uno è fortunato, lo è fino in fondo), non mi è sembrato il caso di farli stare nelle tendopoli, così ho chiesto un albergo, del quale non mi lamento, sia chiaro, e non lo farò mai, perché è gestito da gente deliziosa, che ti viene incontro per quanto può. Ho un lavoro part-time a tempo determinato, per il quale vengo a L’Aquila, perché non posso mollarlo e mettermi in vacanza non si sa fino a quando, a spese dello stato.
Non mi pesa viaggiare, lavorare, mangiare un panino ad un prezzo da gioielleria, tornare sulla costa soltanto per dormire.
Mi pesa, e mi fa anche girare un po’ le palle, trovare, ad articoli pubblicati sul sito www.ilcapoluogo.it , commenti di cotale tenore:


20 lug : 12:21Da: Matrix
Qui secondo me , no n si sta capendo un tubo!!Ci sono + di 30K aquilani sulla costa che in 3 mesi non hanno avvertito minimamente il sentimento di tornare a l'AQ, anche soltanto x vedere le reali condizioni delle proprie abitazioni.Questi sono aquilani che pensano che il Governo , li chiamerà e gli comunicherà: potete tornare a l'AQ , xchè oltre ad avere stanziato i fondi x la sistemsazione delle vostre abitazioni, abbiamo anche finito i relativi lavori di sistemazione.A gente, sveglia, a Settembre se nessuno di questi 30K ZINGARI , che si stanno grattando le balls sotto il sole, NESSUNO ESCLUSO, avrà il minimo buon senso di rimboccarsi le maniche, ci saranno 50K xsone senza tetto ed il progetto C.A.S.E.sarà soltanto un lucina in fondo al tunnel.PS!!XSONALENTE, provo una grande pena x questa gente talmente stupida e sfaticata, che se dipendesse da me li lascerei a vita sotto i ponti......PAROLE dui un 30enne , quilano doc.Santeeeeeee



Ora, tralasciando la totale ignoranza di grammatica, sintassi, ortografia e lessico, per cui un trentenne suonato, fatto e finito, che, però non ha il coraggio di mettere nero su bianco nome e cognome, in modo tale che i 30K di aquilani, NESSUNO ESCLUSO, che si grattano le balls sotto il sole, come dice lui, lo possano rintracciare e fargli vedere di persona QUANTO e COME se le stanno grattando, scrive come il membro più giovane delle Tim Tribù, quello che mi viene da pensare è: “Meno male che c’è una mente così illuminata che può spiegarmi tutto. Grazie, mio Dio, per averlo messo sulla mia strada”.
Ora, per carità, di sicuro c’è qualche coniglio che si sta beatamente facendo le vacanza a spese statali, ma da qui a scrivere (male, oltretutto e criptato… che cazzo vuol dire 30K??? Ah, già, me lo spiega lo stesso genio che lo ha scritto, qualche commento più in là, K vuol dire migliaia, è un simbolo che si usa in finanza, siamo noi una massa di ignoranti nullafacenti che non leggiamo “Il sole 24 ore” in quanto impegnatissimi a grattarci le balls) questa serie di stratosferiche e clamorose stronzate, ci passa!
Mi chiedevo, in effetti, mentre mi grattavo a due mani, lui cosa mai facesse. Di sicuro qualcosa di grandioso, visto il suo QI senza pari. La stessa domanda è stata formulata, in un altro commento, da un certo Niky, il quale faceva notare, con modi molto signorili, tra l’altro, perché la mia reazione sarebbe sfociata in un vituperio da arresto, che lui, in realtà, non si stava grattando proprio nulla, perché lavora tutti i giorni a L’Aquila ed è in costa per tutelare i suoi figli, che sono molto piccoli.
Ecco la risposta:


20 lug : 19:22 Da: Matrix
Carissimo Mr.Niky,IO ( ma x sfiga, xrò xchè vivo a Roma, solitamante )il 6-04 alle 3:32, ero immerso nel + profondo dei sogni , quando il letto mi ha gettato quasi x terra, ergo, anche IO son stato terremotato come te, solo che probabilmente i miei si son fatti il kulo x farsi una casa con i controcazzi , a cui il terremoto ha fatto il solletico ( 4 piani di palazzina ).X i tuoi figli mi spiace un casino ma non vedo IO che colpe ne posso avere o bla..bla..bla..!!X il resto ognuno di noi ha delle priorità e la mia non è la famiglia, ma la carriera, quindi non avendo xsone a carico, non ho necessità di fare su e giù.....ma poi che c'entra tutto ciò??IO ho soltanto detto che il comportamento di moltissimi Aquilani, è esecrabile, xchè gente che non ha mai fatto un Kazzo in vita sua , ora pretende una casa con giardino, garage e magari anche un collegamento WI-FI e chissà cos'altro.Te saluto


Da ciò si evince quanto segue:
Il termine “terremotato” va applicato non solo a chi ha perso casa e affetti ed ora sta cercando con fatica di venir fuori da questa situazione, ma a chiunque abbia sentito la scossa. ERGO è terremotata tutta l’Italia centrale da Ancona a Napoli. E continuano a chiamarlo “Terremoto d’Abruzzo”!
Chi ha la casa inagibile o crollata è un povero deficiente che non ha avuto i genitori che si sono fatti il kulo per farsi una casa con i controcazzi a cui il terremoto ha fatto il solletico, quindi ora si attacca perché non tutti possono essere freghi come lui.
Lo stato della propria abitazione dopo il sisma non dipende da tutta una serie di fattori come, per esempio, il tipo di terreno, la dimensione e la posizione delle faglie, la collocazione dell’edificio, l’uso dei materiali utilizzati, ma da quanto kulo ci si è fatti per costruirla. Anzi, a ben guardare, da quanto kulo si sono fatti i genitori.
Gli sfollati nullafacenti vogliono la casa con il giardino, il garage e il collegamento WI-FI, altrimenti niente da fare, restano dove sono.
Il proprio ego si afferma scrivendo sempre e comunque IO, invece di io
L’uso del K in sostituzione della C nei termini che stanno ad indicare parti del corpo, è indicato qualora le parti stesse siano utilizzate in senso metaforico e non letterale.
Il bla bla bla denota un’ampia gamma di argomentazioni da addurre a sostegno della propria tesi, che vengono sottointese perché si sa, a buon intenditor poche parole.

Non conosco il Sig. Matrix, però penso che commenti così lapidari, senza conoscere le situazioni, non vadano fatti perché, in tutta franchezza, vanno ad urtare la sensibilità di più o meno 20k su 30k di aquilani, che tutto stanno facendo, tranne una vacanza alla faccia degli altri cittadini.
O almeno mi auguro che sia così.

sabato 8 agosto 2009

Riunione di condominio

Ho udito cose che voi umani….

E’ vero, la riunione di condomino è una delle attività più pallose a cui un essere umano può prendere parte, ma partecipare alla riunione di condominio per la ricostruzione post-sismica, è qualcosa di non immaginabile, se non la si è vissuta di persona.

A parte il fatto che non abbiamo più un luogo per incontrarci, quindi ieri c’erano le 16 famiglie del mio palazzo sedute ai tavolini all’aperto di un locale, ma questo era il disagio minimo.
Mi sono accorta, dal tono dei discorsi, che diverse persone, ed alcune in maniera eclatante, non si sono rese conto di quello che è successo.
Sono arrivata con qualche minuto di ritardo e le mie orecchie hanno sentito argomenti tali che, se avessero potuto, si sarebbero staccate dalla testa per scappare il più lontano possibile.
La signora del piano terra, che non ha, palesamente, il QI della Montalcini, poneva a quella del secondo piano (ATTENZIONE ATTENZIONE) il seguente quesito:

-Senta, ma noi a gennaio abbiamo pagato la quota condominiale di tutto il 2009; visto che da aprile non abitiamo più lì, non è che si potrebbe scalcolare ed avere indietro il resto dell’annualità?

Ho fatto un rapido calcolo: STIAMO PARLANDO DI 55 EURO!
Abbiamo la casa pericolante, probabilmente su un terreno di risulta, di conseguenza c’è la possibilità che venga abbattuta e non più ricostruita sullo stesso sito, quindi, oltre a tutta una serie di enormi difficoltà da superare, ad esempio un trasloco, per dire, c’è praticamente da gridare al miracolo e andare a piedi nudi fino a Santiago de Compostela per il fatto che quella notte ha retto e ci ha permesso di uscire illesi, E LA SIGNORA VUOLE INDIETRO 55 EURO????!!!!!!!
MA GLIELI DO IO, PURCHE’ TACCIA!

E questo è stato solo l’inizio. C’erano da discutere dei punti all’ordine del giorno, nero su bianco sulla convocazione, piuttosto, come dire… pregnanti, come ad esempio la nomina di un amministratore esterno, dei tecnici per il rilievo strutturale e geologico, robetta così, insomma..
E’ stato a quel punto che l’Avvocato del terzo piano, già tignoso, limitato e rompiballe prima del sisma, ci ha dimostrato che non c’è mai limite al peggio.

Perché, di fronte alla proposta di un esterno che avrebbe amministrato il condominio, prendendosi, sì, un compenso (irrisorio, poiché diviso tra tutti), ma assumendosi al contempo tutti gli oneri non indifferenti che sottendono alla drammatica situazione (e che non sto qui ad elencare, dal momento che sono tanti e tali che al solo pensiero, scendono calde lacrime di fatica e sopraffazione), la sua domanda è stata: “Ma lo dobbiamo pagare noi?”
AVVOCATO, chi altri, sennò?

Ma l’apoteosi della pochezza umana di quest’uomo c’è stata al momento della scelta della squadra di tecnici che dovrebbero verificare lo stato del sottosuolo su cui poggia l’edificio in cui abitavamo ed i danni strutturali che ha subito, per vedere il da farsi, di nuovo la sua vocina stridula si è levata sopra le altre:
-Sì va bene, ma tutte queste spese chi le paga?
AVVOCATO, queste spese rientrano nella ricostruzione, saranno rimborsate al 100% dallo stato!
-E chi lo dice?
AVVOCATO, il Decreto Abruzzo
-No, no questo lo dice lei!
AVVOCATO, lo dico io dopo aver letto il Decreto, cosa che a quanto pare lei non ha fatto!
-Secondo lei ho tempo per stare a leggere tutte queste carte?
AVVOCATO, lei non esercita la professione da tempo immemorabile, ha oltre 80 anni, COSA CAZZO HA DA FARE TUTTO IL GIORNO, TUTTI I GIORNI, PER NON AVERE TEMPO DI LEGGERE UN DECRETO CHE, TRA L’ALTRO, LA RIGUARDA PIUTTOSTO DA VICINO, MI PARE?!
Ma poi, scusi, vuole risparmiare sulla sicurezza della sua casa quando nella nostra strada, a pochi metri, ci sono stati del palazzi crollati, con 14 morti seppelliti dalle macerie? Le pare luogo e tempo di fare braccino corto, su cifre che, oltretutto, non caccerà lei?
-Senta, i morti ci sono stati al numero 21, noi siamo al numero 3!
AVVOCATO, sono tramortita dalla sua sensibilità……….
-Inoltre, il mio appartamento non ha subito danni. E’ intatto.
AVVOCATO, allora può staccarlo dal resto dell’edificio e andarsene affanculo con esso, francamente e con tutto il rispetto.

Ecco, questo è stato il tenore della riunione, escluse le scurrilità, che ho solo pensato e con me tutti gli altri condomini (ci metto la mano sul fuoco), ma non ho detto (e neanche loro) per una forma di buon gusto e buon senso innata.
In realtà, se fossimo stati meno urbani, a turno, lo avremmo preso a pesanti, sonori e ripetuti calci nel culo. Più democraticamente lo abbiamo messo in minoranza (lui e la signora che voleva indietro i 55 euro, che, avendo lo stesso stretto e morboso legame con il vil denaro, vanno molto d’accordo).

Tuttavia, dopo tre ore e mezzo (ripeto, TRE ORE E MEZZO) di riunione, pensate voi che siamo riusciti ad approdare a qualcosa?

Domanda retorica con risposta negativa: no, non abbiamo risolto un emerito e beneamato.
In compenso ci vediamo il 21, stessa ora, stesso posto e, purtroppo, stessi rompiballe.

Vivo nell’attesa.

giovedì 6 agosto 2009

Rotture

Ieri mattina si è rotto l’autobus dell’Arpa (autolinee regionali pubbliche abruzzesi), quello che dalla costa ci porta a lavorare a L’Aquila. Neanche tanto a sorpresa per la verità. Perché già durante il viaggio si erano manifestati, dal retro del pullman, sinistri presagi sotto forma di fumo grigio che ha, via via, assunto tonalità sempre più cupe fino a raggiungere la nuance nera….
Insomma, siamo rimasti bloccati all’altezza di San Gregorio (il paese, non il santo), con magno e manifesto disappunto di tutti noi, visto che, rarità assoluta, stavamo per arrivare puntuali al Terminal, giusto in tempo per prendere le varie coincidenze con gli autobus metropolitani, che ci avrebbero distribuito nei provvisori (nel mio caso in tutti i sensi) e sbattutissimi posti di lavoro.
E così ci siamo ritrovati come pecore a pascolare lungo la statale, accendendo sigarette in comitiva (tanto per… prima del 6 aprila alle 3.32 io avevo, con fatica, smesso di fumare, ora sarei capace di uccidere per due miseri sporchi tiri, anche vicini al filtro.. spero di aver reso l’idea), masticando bestemmie e maledicendo l’avversa sorte che, francamente, si sta accanendo con una veemenza a dir poco ingiustificata.
Bon.
Dopo la vana speranza accesa dall’autista al grido di: “Salite, salite, abbiamo risolto!”, stroncata due minuti dopo dallo stesso, con un repentino: “No, no scendete!”, è venuto in nostro soccorso un altro mezzo che ci ha caricato e portato nei luoghi deputati al travaglio (in senso letterale, figurato e metaforico) con l’impercettibile ritardo di UN’ORA.

Se vi dico quello che è successo oggi non ci credete. Ma giuro che è vero.
Il mezzo Arpa ci ha portato al terminal senza inconvenienti e lì, tra i tanti autobus AMA (Azienda Municipalizzata Aquilana) che potevano avere problemi, indovinate un po’ qual era quello sotto le mani di un solerte ed affaccendatissimo meccanico?
Il numero 80. QUELLO CHE DOVEVO PRENDERE IO.
Mi è venuto da piangere, sinceramente. Non l’ho fatto per mantenere una parvenza di dignità.

In tutto ciò, mi viene comunque da pensare che, per lo meno, gli autobus si rompono a turni e/o a giorni alterni.
Io mi rompo tutti i santi giorni che Dio manda in terra, dal 6 aprile a questa parte, e con me svariate decine di migliaia i conigli sulla coste e lupi nelle tende, cani nelle cucce e gatti al guinzaglio. Tutti aquilani, però, e tutti in difficoltà.

Non lo auguro neanche al mio peggior nemico, che, peraltro, non ho.