domenica 14 febbraio 2010

Rideva

Si arriva ad un punto di non ritorno.
Ad un punto in cui manca la forza di difendere e proteggere la propria sofferenza.
Non ho scritto, negli ultimi giorni, proprio per questo motivo. Sono tante, troppe, tutte negative, le notizie che aleggiano intorno alla nostra tragedia, che sono rimasta ammutolita.
Non riesco a pensare lucidamente, non riesco ad immaginare, a concepire, che, nello stesso istante in cui la mia città moriva sotto i colpi di frusta della terra, c’era qualcuno che rideva e si fregava le mani pensando ai futuri guadagni sugli appalti della ricostruzione.
“Alle tre e mezzo ridevo rigirandomi nel letto”
Alle tre e mezzo, invece, il mio letto ballava nella stanza, i miei libri ed i miei cd rovinavano sul pavimento, così come, in cucina, tutti i piatti, i bicchieri, nel corridoio i quadri, nello studio la tv, le sedie, le riviste, nella sala il servizio “buono” e le bottiglie di vini e liquori, mentre il boato ci imbottiva le orecchie e le grida riempivano il vuoto.
Mentre lui rideva, palazzi si sbriciolavano, imprigionando per sempre vite, pensieri, ricordi, affetti, progetti, sorrisi, amori e restituendo, in cambio, solo corpi straziati e lacrime che ancora non si asciugano.
Rideva. E qui la polvere ci avvolgeva insieme all’unica coperta che eravamo riusciti a portare via, dal buio di una casa che non riconoscevamo più, aggrappati, gli uni agli altri, in sette dentro una macchina, senza scarpe, né occhiali, né telefoni. E ancora non sapevamo di essere stati fortunati perché eravamo riusciti a portare con noi la nostra salute e quella dei nostri cari.
Rideva, ed intanto c’era chi chiudeva la lampo di sacchi neri sul volto di amici, chi scavava con le mani nude, in mutande, seguendo le urla disperate provenienti da grovigli di mattoni e oggetti quotidiani, chi saliva sulle ambulanze per dare indicazioni a coloro che erano venuti ad aiutarci da fuori, chi scappava alla ricerca dei propri cari, chi telefonava piangendo per il timore di non ricevere risposta.
Rideva. Nel frattempo qui era un unico enorme dolore di infinite intensità e gradazioni.
Rideva pregustando soldi insanguinati.
Cosa si può dire?
Aiutatemi, perché io non ho più parole.

martedì 2 febbraio 2010

Non tutte le giornate...

Non tutte le mie giornate sono un lento sgocciolare di ore marroni come feci.
No no.
A volte ti riservano delle splendide sorprese che rischiarano l’intero dì.
Come oggi.
Tra l’altro in maniera singolare ed in forma assolutamente inusuale: un foglio ferie di un’intera settimana. Quello del mio Allegro e Socievole Collega. L’Amico-che-tutti-vorrebbero-avere-perché-rende-le-giornate-una-girandola-di-emozioni-tutte-indistintamente-positive.
Deo Gratias!

Mi si dirà che era rientrato dalle ferie lo scorso lunedì.
Vero. Verissimo.
Ma purtroppo è logorante passare l’intera mattinata, in ufficio, a tossire, sospirare, scatarrare, sbattere il mouse da una parte all’altra del tavolo mentre si gioca a solitario, ridacchiare tra sé e sé leggendo siti di barzellette, commentare foto e/o note e/o link e/o video dei propri amici di Facebook, oppure, compito per il quale si richiede un notevole sforzo intellettivo e strategico in più rispetto ai sopra elencati, tentare di carpire informazioni sui rinnovi dei nostri contratti a tempo determinato a chiunque passa (se vogliamo dirla tutta, anche alle persone meno indicate a rispondere, ma non è che faccia colazione con pane e volpe..) e, contestualmente, cercare di piantare un punteruolo (metaforico, ci mancherebbe..) tra le scapole dei colleghi nella sua stessa situazione (toh, ma… sono io!)

Tanta fatica profusa in queste attività lavorative deve essere alternata a giorni di meritatissimo riposo. Che, ringraziando la Candida Rosa, si è preso.

Dio che pace, che clima disteso, che aria priva di veleni s’è respirata stamattina e si respirerà nei giorni a venire…

Ma ciò che allarga ancor di più il sorriso sul mio viso è l’altro foglio ferie, il mio, astutamente firmato non appena ho visto il suo, che mi regalerà una settimana di tempo da dedicare a ciò che amo, a partire dal giorno in cui lui rientrerà in ufficio.
Quattordici meravigliosi giorni sgombri della sua presenza.

Che inaspettati regali che fa la vita!