giovedì 20 agosto 2009

Giornata no

Oggi è giornata no.
Cupa, tetra, scura nera.
Infilo uno dietro l’altro pensieri assurdi e per fortuna che nessuno è capace di leggere nella mente, altrimenti sarebbe davvero drammatico.
Ancora in “ufficio” dove la situazione è a limite del surreale, perché ci lavorano sulla testa producendo dei rumori e dei movimenti tali che ogni volta aprono un piccolo soffietto nel cuore, continuiamo a non ricevere i dati da inserire e di conseguenza, alternativamente, a litigarci il sudoku dell’usciere, andare a prendere un fetoso caffè alla macchinetta erogatrice di “bevande al gusto di” latte, cioccolato, tè, cappuccino, e, in conseguenza di ciò, per l’arci-noto binomio caffè-sigaretta, ad uscire fuori a fumare (per inciso, una delle categorie che ha beneficiato economicamente del periodo post- sisma è quella dei tabaccai).

Non ho nulla da fare e l’inattività, brutta bestia, mi da modo di formulare pensieri di una tetraggine infinita.
Che grande stronzata questo terremoto! Che vita è questa?
Ci sono caduti addosso problemi di cui si ignorava l’esistenza. Cerchiamo case in affitto nella nostra stessa città. Dobbiamo trovare posti in cui conservare i nostri mobili, posto il fatto che i danni all’edificio in cui abitavamo ci consentano il trasloco….. I nostri luoghi non ci sono più, o sono da un’altra parte e quindi la nostra città, ora, è un’altra e noi ne sembriamo turisti alla scoperta.

E poi le vittime.
Che aumentano esponenzialmente, ma questo nessuno lo dice.
Vecchietti sopravvissuti a quella notte che si lasciano morire perché hanno perso tutto, ne hanno viste troppe e non ce la fanno più a reagire.
Feriti, trasportati in ospedali vicini e lontani di cui non si hanno più notizie e quindi, chissà…

Ed io.
Che oggi mi chiedo perché sono qui.
Dicono che c’è un disegno preciso e che le cose non accadono per caso. Dicono.
Ma non so se sia poi davvero così.
O forse capirò tutto, davvero, soltanto quando verrà il mio momento ed ogni tessera di questo folle puzzle avrà preso il suo posto.

Non oggi.
Oggi penso che la morte ha colpito a caso e con cattiveria, prendendo con sé bambini che sarebbero potuti diventare splendidi adulti, distrutto famiglie intere lasciandone in vita un solo membro a portare sulle spalle tutto il dolore della perdita, una regista teatrale dalle idee fenomenali, medici dalle mani d’oro, studenti universitari che sarebbero diventati professionisti in grado di portare lustro alla nostra città, madri, padri, figli e figlie.

Ed ha lasciato qui me.
Che non so che fare di questa vita.
Che vorrei essere altro da un’altra parte.
Che non sono utile in questa emergenza.
Che non sono.

Ecco, oggi penso che questa vita del cazzo, magari, Dio poteva prenderla e lasciare la sua a qualcuno che ne avrebbe fatto un uso migliore del mio.

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