lunedì 13 settembre 2010

Io precario

La settimana appena passata è stata vagamente convulsa e puntellata da avvenimenti non-sense e di tentativi, non riusciti, di rivitalizzate il piattume avvolto da pallitudine che mi circonda.
Innanzi tutto ho cercato di venir fuori dalla mia situazione di lavoratore precario con le seguenti azioni:
-invio del mio “curriculum vitae et studiorum” ad un caro e da me adorato amico di Monza, con la speranza che, nel cuor della Brianza, si possa realizzare il sogno di una stabilità lavorativo-economica. Per ora tutto tace. Occorre dare tempo al tempo e modo alle persone. Ed io, in questa persona in particolare, ripongo una fiducia cieca.
-consegna della domanda di partecipazione ad un concorso, per posti A TEMPO DETERMINATO, nella Regione Abruzzo. Mi rendo conto che tentare di uscire dal precariato facendo concorsi precari può sembrare, quantomeno, inconcludente, ma, come si dice, questo passa il convento.
Il giorno dopo aver presentato la domanda, però, vengo a sapere che i precari della Regione (eh già, perché, nonostante le varie e svariate stabilizzazioni, pare ce ne siano ancora, ed abbastanza inferociti) hanno fatto ricorso e quindi la procedura selettiva è stata bloccata.
Bon.
-presentazione della mia persona alle nomine per le assunzioni, A TEMPO DETERMINATO, di docenti per l’anno scolastico 2010/2011, dove eravamo 70 per 9 cattedre di sostegno dell’Area Umanistica della Scuola Secondaria di II grado di tutta la provincia (perché la Mariass sul sostegno NON ha tagliato… pardon riformato… no no.).
Dico solo che, per quest’anno, resto precaria dell’Amministrazione provinciale e non divento precaria del Ministero della Pubblica Istruzione.

Rileggendo quanto ho scritto fino ad ora, mi rendo conto di aver ripetuto troppe volte la parola “precario”, io, che odio le ripetizioni. Se vado a cercare i sinonimi, però, vengono fuori: “momentaneo”, “passeggero”, “transitorio”, “provvisorio”, “temporaneo”, “insicuro”, “incerto”, “dubbio”…. …… …… Oddio…
Ed allora lascio “precario”, lo ripeto affinché il concetto sia cristallino, e va bene così.

Ora vado a masticare il terzo Maalox della giornata.
Perché, dopo due concorsi nella stessa amministrazione, 5 anni di lavoro, spostamenti da un settore all’altro, altalena emotiva tra probabile rinnovo/proroga e rischio di essere buttati fuori, questi sono i commenti dei nostri concittadini, dopo una pacifica manifestazione:

http://www.ilcapoluogo.com/site/News2/Lavoro/La-Provincia-e-i-100-precari-in-mobilitazione

Dicono che qui è difficile restare, ma è ancor più difficile andar via.
Sulla prima parte della frase concordo pienamente.
Sulla seconda inizio a nutrire qualche dubbio….

4 commenti:

  1. Non so quanti anni hai ma sicuramente sei più giovane di me.
    Io sono passato di ruolo a 47 anni suonati, quindi non demordere.

    RispondiElimina
  2. Oltre al tuo post, ho letto l'articolo e i commenti che hai messo in link (non so se si dice così, ma fa scik, e chi vuole capisce).
    Di tutti il più giusto mi pare l'ultimo, di aprecari, che chiarisce "alla lira" la situazione.
    E di questi chiarimenti c'è bisogno, perché limitarsi a dire che i precari sono degli sfaccendati che nulla fanno e nulla vorrebbero fare, pur chiedendo una regolarizzazione, o un chiarimento, della loro posizione, mi pare fuorviante.
    Avere la possibilità di buttarsi in questa merdosa politica che ci ritroviamo, magari avendo un papi accogliente o un pesce padre, non è (purtroppo) credibile.
    Ogni volta che leggo te, e altri post che trattano questi argomenti, mi assale una rabbia che rasenta il pensiero dell'omicidio, pensando alla trota figlio di Bossi. La sua è una posizione talmente assurda che non riesco proprio a digerirla.
    Mi associo al prof nell'invitarti a tenere duro, a resistere, a combattere...
    Ma è solo più un sussurro...

    RispondiElimina
  3. è un prezzo da pagare, coniglio, come l'amico perboni io sono entrato di ruolo tardi, avevo ...anta anni, heheheheh, e pur avendo sempre lavorato nelle scuole (private), non ho i contributi, quindi vista l'aria che tira dovrò lavorare almeno fino ai settanta per avere una pensione accettabile e per non morire di fame.
    il mio suggeriento è di andare via, ho appena visto un mio studente che si è trasferito nella zona di Milano e ha sempre lavorato, sia nella scuola che fuori. insomma, mi associo al grido: "non demordere!"

    RispondiElimina
  4. Quando leggo notizie e situazioni del genere mi cadono le braccia... :-((

    RispondiElimina