venerdì 6 agosto 2010

Ho deciso

Ho deciso lucidamente e con fermezza di fare finta di niente.
Ho deciso di chiudere gli occhi e le orecchie di fronte all’ennesimo scandalo che strappa la pelle agli aquilani, di voltare le spalle alla famiglia Stati e agli altri personaggi squallidi, viscidi e striscianti che hanno fatto affari sulle nostre bare e stretto accordi tra le nostre macerie.
Perché anche soltanto pensare che c’era chi, intorno alle nostre urla, alla polvere, al vuoto di palazzi frantumati, alla nostra paura, al nostro scavare convulsamente con le mani per recuperare amici e parenti, in attesa dei soccorsi, al nostro cercarci, gridare nomi, abbracciare sopravvissuti, scambiava anelli, macchine, televisori in cambio di appalti per la ricostruzione, mi viene un voltastomaco tale da vomitare il pranzo di Pasqua del 2007.
E, onestamente, non ce la faccio più.
Perché intorno alla nostra tragedia, al terremoto che ci ha travolto, al cemento che non ha retto e che è stato tomba di tanti, c’è troppo schifo.
L’Aquila è la mia città.
L’ho amata da subito e tutt’ora la amo.
Ma adesso capisco che, per salvarmi, io devo andare via.
Devo andare via perché non resisto. Arranco. Annaspo. Barcollo. Inciampo.
E mi faccio il sangue amaro.
Nonché il fegato a brandelli.

E’ arrivato il momento di pensare alla salute…
D’altra parte se quando sto fuori sto bene e quando torno qui sto male, un motivo ci sarà.
Anzi, credo più di uno.
Questo coniglio, sulla costa, in città, in trasferta, nella C.A.S.A., inizia a perdere il pelo a ciocche e la lucidità a tratti…

E poi il seminario di teatro comico con Alfredo ed Alessandro mi ha aperto un mondo.
Forse devo iniziare a credere di più in me, nelle mie potenzialità, nelle mie capacità e provare davvero a realizzare i miei sogni.
Sentirsi dire da loro: “In questa settimana ti sei messa in gioco, hai legato con tutti gli altri allievi, hai fatto belle improvvisazioni, una bella interpretazione nel pezzo dello spettacolo, hai dato tanto al gruppo. Continua a fare teatro, sarebbe un peccato se non lo facessi… Non pensavamo che tu fossi così brava!”, per me è come aver ricevuto la statuetta dell’Oscar.

Questo coniglio, che forse tanto coniglio non è, vuole vivere.
Ha solo paure di non riuscire a farlo qui.

1 commento:

  1. Avevo capito che stavi studiando qualcosa, un'alternativa, magari una fuga.
    Non ti avevo dato per dispersa, per questo non ti ho chiesto dove eri finita.
    Se il troppo amore per la tua città ti fa star male, abbi la forza di tagliare questo cordone ombelicale: come questo, ti ha dato la vita, finché c'è stata vita, ma se non lo tagli in tempo corri il rischio di aggiungerti alle altre vittime.
    Se questo sacrificio, il tenere duro e resistere, portasse a qualcosa di anche leggermente positivo, ti direi di continuare, di lottare...
    Visto come vanno le cose, mi pare che sarebbe una lotta contro i mulini a vento.
    Ho già stramaledetto chi rideva, chi specula, chi ridicolizza, chi fa di prepotenza virtù...
    Aggiungo la maledizione verso chi costringe all'abbandono della propria terra, delle proprie radici, dei propri ricordi, dei propri morti...
    In nome di una politica malsana e infame, che dell'ignorare ha fatto il suo credo, del perseguitare il suo dettato, del soffocare le menti il suo vangelo.
    Non chiedo questa maledizione a un dio particolare: la chiedo a tutti gli dei che governano la terra.
    Uno, tra tanti che sono, si degnerà di colpire, maledizione!

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